I draghi sono le creature mitologiche più popolari al mondo. I racconti legati a questi enigmatici mostri sono presenti in molte culture, dall’Europa all’America, dall’India alla Cina.
Motivati da tale evidenza, alcuni studiosi hanno suggerito che queste creature possano essere realmente esistite in un remoto passato, altrimenti come spiegare il fatto che culture tanto diverse in continenti così lontani, si siano tramandate gli stessi racconti sui draghi ?
Non è chiaro quando e dove siano nate le prime storie sui draghi, ma già i Sumeri raccontavano di enormi serpenti volanti nella loro mitologia. La credenza nei draghi non si fondava solo nelle leggende, ma anche in prove concrete che occasionalmente qualcuno rinveniva.
Per millenni nessuno sapeva come spiegare le ossa giganti che venivano alla luce dal terreno e quella dei draghi sembrava l’ipotesi più logica per persone che ancora non conoscevano li dinosauri.
Una scoperta pubblicata su Nature
Una scoperta a dir poco sensazionale è stata pubblicata su Nature, e se non fosse per l’autorevolezza della fonte, saremmo portati a definirla una bufala. La sostanza dell’articolo è che i draghi, esseri da sempre considerati frutto di leggende popolari, sono in realtà esistiti davvero, almeno nel Medioevo. E sono destinati a tornare più cattivi che mai.
Il paper elenca i fattori che determineranno il ritorno dei giganti alati sputafuoco, alcuni dei quali paradossali, come la crisi economica e la mancanza di una politica globale per combattere il riscaldamento globale (global warming) dovuto principalmente ad attività umane.
Gli scienziati raccontano di averlo scoperto esaminando un manoscritto medioevale ritrovato di recente negli sterminati archivi della Bodleian Library alla University of Oxford, hanno analizzato alcuni documenti da poco ritrovati presso la Oxford’s Bodleian Library, in occasione degli intensi lavori investigativi su manoscritti dell’epoca della Magna Charta.
Il documento letteralmente disseppellito dalla polvere della biblioteca inglese, è attribuito al monaco Godfrey of Exmouth ed è illuminante su alcuni aspetti della vita quotidiana inglese del tredicesimo secolo.
Secondo gli studiosi, i testi sembrano dimostrare inequivocabilmente la prova dell’esistenza reale dei draghi nel nostro mondo e addirittura l’impatto che hanno avuto sulla popolazione.
Andando a fondo nell’analisi gli scienziati, Andrew Hamilton, Robert May e Edward Waters, hanno svelato come il periodo medioevale fosse un vero e proprio “paradiso” per i draghi, soprattutto a causa delle alte temperature e all’abbondanza di cavalieri (le prede preferite dalle bestie), alla disponibilità di materiali per la nidificazione (oro e argento).
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Gli strumenti considerati “magici” per combatterli non funzionavano più, cosa che fra l’altro può avere contribuito a relegare streghe e maghi nella sfera della blasfemia: non più in grado di contrastare i draghi, hanno perso il loro ruolo utile nella società, che ha iniziato a perseguitarli per le loro credenze non ortodosse (ad esempio l’eliocentrismo).
Fu il periodo della Prima Stirpe dei draghi (nel paper vengono chiamati “bestie ectotermiche”).
Gli autori dello studio individuano la fine del dominio dei draghi verso la fine del quindicesimo secolo, smentendo quindi gli studi che ritenevano il quattordicesimo secolo come l’epoca della loro fine. Le cause sono da individuare nel calo delle temperature che colpì l’Europa fra 1400 e 1650 circa (la cosiddetta Piccola Era Glaciale) e nella carenza di cibo (era finita l’epoca cavalleresca).
Questi elementi, combinati, non avrebbero però provocato l’estinzione, ma solo innescato un processo di ibernazione delle varie specie di mostri. Periodicamente qualche drago si risvegliava dal grande sonno per verificare se le condizioni ambientali potessero consentire un ritorno. Si registrò il sorgere di una Seconda Stirpe, fra 1680 e 1690, favorita dalla fine del periodo freddo. Poi un nuovo grande sonno. Fino ai nostri tempi.
Fonte: Focus
Embrione del cucciolo di dinosauro ‘Baby Louie’ in Cina
Gli avvistamenti
Ulisse Aldrovandi, medico e naturalista bolognese, descrive con dovizia di particolari un draghetto ucciso nei dintorni di Bologna nel 1572: senza ali e con due sole zampe, era lungo appena un metro. Ma sempre Aldrovandi riferisce che in Svizzera, nel 1499, «fu catturato un lunghissimo drago munito di orecchie», e che in Francia fu catturato e portato al re Francesco I «un drago alato».
Una guida alle montagne svizzere, del 1723, sconsigliava di attraversare certi passi perché vi erano stati avvistati draghi. Un anziano di Lienz, per esempio, si era imbattuto sull’Alpe Commoor in un orrendo drago nero con striature gialle.
I draghi sull’Himalaya
Il 22 giugno 2004 l’autore delle foto si trovava nella regione di Amdo in Tibet per assistere al Qinghai-Xizan, una cerimonia locale e stava viaggiando su un aereo proveniente da Lhasa su di un volo interno.
Durante il viaggio aereo sopra l’Himalaya ha visto e fotografato questi due draghi. I corpi sembrano essere ricoperti da scaglie e le parti posteriori sembrano zampe che presentano una protuberanza. Anche se la fotografia ha ripreso soltanto una parte dell’intera scena che si era presentata agli occhi del fotografo amatoriale l’immagine ha acceso l’interesse di molti.
Il drago che sputa fuoco
Fu fotografato al confine tra Cina e Tibet il 6 agosto da due studenti
dell’Università di Jilin. Il drago volante nell’atto di sputare fuoco è stato
scattato con un telefono cellulare. Altri testimoni hanno detto che la
creatura è rimasta visibile per circa due minuti
Ricostruire un ritratto di un drago
Proviamo a ricostruire un ritratto di drago, come se fosse effettivamente esistito. Bochart, “esperto” cinquecentesco, stabilisce chiaramente le sue caratteristiche: grandi dimensioni (fino a trenta metri), barba sotto mento e collo, tre ordini di denti, sibilo terribile.
Che queste bestie possano non avere zampe è stato categoricamente smentito dal naturalista svizzero Konrad Gesner nel 1551: «Tutti i draghi hanno zampe». A differenza degli altri rettili, però, il drago è un animale a sangue caldo. Non si spiegherebbe altrimenti la sua capacità di adattarsi ai climi più diversi e di mantenersi in attività giorno e notte, in tutti i periodi dell’anno.
Come sono chiamati i draghi più piccoli ?
I draghi più piccoli sono chiamati anche basilischi. Hanno corpo affusolato, zampe tozze e una cresta sulla testa. Nonostante siano lunghi appena un metro, il fiato di questi draghetti è terribilmente distruttivo: incendia i campi e avvelena i ruscelli. Ma l’arma più letale del basilisco è lo sguardo: una sua occhiata uccide all’istante.
Attenzione anche a infilzarlo, il sangue del basilisco come di molti draghi è così corrosivo da sciogliere spade e armature e scioglie anche la carcassa del drago.
Curiosità: Secondo la leggenda i draghi vivono 500 o anche 1000 anni
Cenni storici
La mitologia classica dell’antica Grecia e di Roma è fitta di episodi di lotte di mitici eroi contro bestie immonde, composte sia di parti male assortite di creature mostruose, sia in parti uguali di bestie feroci e di malefici esseri umani.
In pieno Medioevo gli europei consideravano i draghi come la personificazione del male e li ritenevano perfino portatori delle temibili epidemie che infierivano sulla terra, inoltre credevano che le nefandezze del drago fossero ispirate dalla collera divina.
Il drago Tarantasio
Il monaco Sabbio nel 1110 scrisse la storia di Tarantasio: il mostro del lago Gerundo (lago scomparso nel XIII secolo) che si nutriva di esseri umani. La descrizione del mostro è quella di una creatura serpentiforme, la testa enorme con grandi corna e zampe palmate che sputava fuoco dalla bocca e fumo dal naso. Secondo la leggenda il drago fu ucciso dal fondatore della famiglia Visconti vicino a Calvenzano.
Un’altra leggenda vede invece come suo uccisore il vescovo di Lodi, Bernardino Tolentino. Lo scheletro fu conservato nella chiesa di San Cristoforo a Lodi fino al 1700. Col tempo però se ne persero le tracce ma verso il 1800 il medico di Lodi, Gemello Villa, riuscì a riportarne alla luce e ad esaminarne una presunta costola.
Egli affermò che “la costola ha la lucidità delle ossa fresche”, lasciando così intuire che possa non trattarsi di reperto fossile. Il drago Tarantasio è rappresentato nello stemma di Milano (il biscione con un bambino in bocca) dell’antica famiglia Visconti. Ha ispirato il logo della Agip.
Gli abitanti di Calvenzano (un paese vicino al lago Gerundo) eressero delle mura alte tre metri e lunghe 15 chilometri per proteggersi dalle sortite del mostro lacustre che si credeva vivesse in quella zona e la contrada principale del paese, a ricordo della vicenda fu soprannominata “via della biscia”.