LA LEGGENDA DEL FANTASMA DI BIANCA LANCIA

Fu durante un giro di ricognizione delle città del nord Italia che l’imperatore Federico II di Svevia vide Bianca per la prima volta. Figlia di Bonifacio I d’Agliano e della nobile famiglia dei Lancia da parte di madre, Bianca Lancia era una giovane bellissima, tanto bella e tanto innocente da far perdere la testa al primo sguardo al prode imperatore. Per lei poteva mettere in gioco i suoi castelli e affrontare mille pericoli.

 

Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di averla al suo fianco e coronare il suo sogno d’amore, anche mentire. Infatti, l’imperatore non poteva rendere Bianca imperatrice al suo fianco perché in quel periodo era sposato con Isabella di Brienne, regina di Gerusalemme, quindi si ingegnò e imbastì la bugia di essere, in realtà, vedovo.

Siamo nella metà degli anni 20 del 1200 quando Federico convinse Bianca Lancia, solo quindicenne, ad accompagnarlo nel regno di Sicilia dove avrebbero potuto vivere insieme per sempre quella loro relazione clandestina, come nelle vesti di una sposa bambina.

 

 

Seguita dallo zio Manfredi (marchese del Monferrato, il quale non vedeva l’ora di cercare miglior fortuna altrove da quando le nobili famiglie ghibelline del Piemonte stavano subendo l’ascesa dei Liberi Comuni) la giovane amante e complice dell’imperatore si lasciò conquistare e possedere ma la gioia del suo amore fu cosa molto breve.

Il prode imperatore era così innamorato di Bianca da dedicarle dolcissime poesie ma non poteva astenersi dai suoi doveri di imperatore del Sacro Romano Impero.

 

 

Qualche anno dopo la morte di Isabella di Brienne, Federico II sposò la principessa Isabella d’Inghilterra, seguendo il consiglio di Papa Gregorio IX per porre fine alla faida anglo-francese. L’imperatore prese diverse donne in mogli per mire politiche ma il suo cuore batteva solo per una, e solo per lei era follemente geloso.

Una malsana gelosia che lo spinse a rinchiudere l’amata Bianca Lancia nella torre del castello del borgo di Monte Sant’Angelo, o forse per tenere nascosta la loro storia d’amore agli occhi di tutti.

 

 

Erano giorni strazianti per la giovane donna. Non solo dolore dovuto alla reclusione e all’umiliazione ma anche dolore fisico dovuto alla gravidanza che stava attraversando. Dolore che trovò il suo culmine alla nascita del Figlio Manfredi.

Fu così che Bianca Lancia, ormai al limite della disperazione, decise di tagliarsi i seni e di inviarli su un vassoio all’imperatore insieme al neonato, per poi lasciarsi morire gettandosi nel vuoto da una torre del castello.

 

Almeno, questo è quello che dice la leggenda. In realtà c’è discordanza tra gli storici ma sembra che Bianca sia morta, per motivi di salute, precedentemente all’imperatore (il quale era diventato vedovo dopo la morte di Isabella di Inghilterra) e sul letto di morte lei lo implorò di legittimare la loro unione e la paternità dei loro 3 figli: Costanza (o Anna di Sicilia), Manfredi (ultimo re svevo del Regno di Sicilia e fondatore di Manfredonia) e Violante (contessa di Caserta).

C’è anche chi dice che la reclusione di Bianca non ebbe luogo nel castello di Monte Sant’Angelo ma nella torre “dell’imperatrice” del castello di Gioia del Colle, dalla quale Federico fece buttar giù la donna quando si rese conto della sua gravidanza.

 

 

Storia? Leggenda? Sta di fatto che nel punto del castello di Monte Sant’Angelo, dal punto dove la giovane si gettò, cresce una pianta selvaggia del colore delle sue vesti, come a segnare quel tragico luogo. Ma non finisce qui! Si dice che nelle stanze del castello si aggiri ancora il suo fantasma e che i suoi pianti disperati e i suoi lamenti si sentirebbero anche all’esterno durante i mesi più freddi.

Una disperazione nata da un sogno d’amore, anche se clandestino. Un forte sentimento, accecante, ammaliante, come i versi che l’imperatore le ha dedicato:

Giacchi a vui vi piaci, Amuri
chi haiu a viriari,
fazzu zoccu m’è possibili
pi purtarlu a cumpimentu.
Chiddu chi lu me cori disiddira,
Madonna, è amarivi,
e tutti li me’ spiranzi
su’ rimessi a vui;
e non m’alluntanu
di vui, donna valenti,
pirchì ju v’amu cu ducizza
e piaci a vui chi ju haiu st’amuri.
Datimi forza, donna fina,
pirchì lu me cori ora a vui si nchina.*

 

 

Che Bianca Lancia sia stata l’unica donna che Federico II ebbe mai amato è cosa provata specialmente dai quei versi che sono arrivati ai giorni nostri ma qual è il confine tra amore e gelosia?

Si può davvero amare veramente una donna e appropriarsi della sua libertà? Forse sto divagando ma una cosa è certa, reciterò una preghiera in onore di Bianca alla mia prima visita al castello del borgo di Monte Sant’Angelo.

 

 

Fonte: eborghi

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