“Porta via solo fotografie, lascia solo le tue impronte”
il motto degli Urbexer.
Urbex è l’ abbreviazione di Urban Exploration, è l’opposto del turismo. Invece che visitare i musei si entra in posti abbandonati, disabitati e spesso pericolanti.
Gli urbexer (cosi vengono chiamati) preferiscono un’ara ufficiosa, sconosciuta e anche un po’ illegale: quella degli edifici abbandonati, siano essi manicomi, ville, sale cinematografiche, fabbriche, scuole, ospedali ecc ecc.
Nell’esplorazione urbana tutti questi posti vanno bene, a patto che si tratti di luoghi che hanno perso le caratteristiche che li rendevano tali diventando disabitati, abbandonati e possibilmente con un cartello di divieto d’accesso attaccato all’ingresso.
Il francese Philibert Aspairt, che nel 1793 è stato il primo a esplorare le Catacombe di Parigi, si può considerare il pioniere dell’Urbex. Il suo tentativo non è andato benissimo: non ha trovato l’uscita se non in una cassa da morto quindici anni più tardi, quando i suoi resti sono stati rinvenuti tra i dedali labirintici delle tombe. Nonostante questo, la pratica di cui è stato iniziatore è in continua ascesa e i suoi fan sempre più numerosi.
Alessandro Tesei è uno di loro: ha la passione per le rovine e gli ambienti urbani abbandonati. Oltre ad aver fondato Ascosi Lasciti, la più grande community italiana di urbexer, ha fatto un documentario sui cosiddetti “stalker” che vivono illegalmente nella città radioattiva e abbandonata di Prypiat, vicino alla centrale nucleare di Chernobyl.
L’intervista ad Alessandro Tesei da parte di Vice
Prima di tutto, cosa c’è di così affascinante nelle rovine?
Alessandro Tesei: La rovina e il luogo abbandonato dicono tanto dell’umanità. Una costruzione appena terminata sembra perfettamente in equilibrio nella sua forma, mentre la rovina rivela la falsità del progetto architettonico, mostrando come quelle parti non siano mai state in armonia, svelandone la volontà di disgregazione.
È una riflessione su ciò che contraddistingue l’uomo: l’impressione di essere immortale e la volontà di accumulo e di potere. Visitare palazzi nobiliari, appartenuti a famiglie potentissime che oggi sono in rovina esattamente come i loro immensi patrimoni, porta a riflettere sull’esistenza.
Come trovate i luoghi da visitare?
Si usa molto Google Maps (un servizio internet geografico che consente la ricerca e la visualizzazione di carte geografiche di buona parte della Terra. Risulta accessibile da sito web ed anche da applicazione per smartphone Android e iOS).
Con Google Maps si cercano dall’alto i segni di abbandono—come vegetazione incolta o tetti sfondati. Molti si affidano anche ad annunci immobiliari, ma questa è una pratica che noi non amiamo.
Spesso ci muoviamo a caso: scegliamo un paese, parliamo con gli abitanti al bar prendendo un caffè e scopriamo i posti così. L’esplorazione urbana per noi è parte integrante dell’esplorazione del territorio, ha quindi lo stesso valore del turismo enogastronomico e naturalistico.
Quando trovate un posto nuovo, diffondete l’indirizzo o lo tenete segreto?
Di solito lo teniamo segreto, per vari motivi. In primis per gelosia, perché gli urbexer sono molto gelosi dei posti che trovano, e quindi lo condividiamo solo con amici stretti e gente fidata. Ma anche perché vogliamo evitare che vandali e sciacalli possano deturpare o depredare il luogo.
Vi è mai capitato di essere beccati dalla polizia? Cosa succede in quei casi?
Capita spesso, ma non è sempre un male. A volte grazie a loro riusciamo a risalire ai proprietari e alla storia di un luogo in maniera molto più veloce e accurata. Le denunce sono rare: nel 90 percento dei casi basta spiegare le motivazioni che ci spingono a praticare questo hobby e si evita ogni problema.
Nella mia esperienza, si sono quasi sempre dimostrati comprensivi. Certo, bisogna seguire qualche regola fondamentale per evitare il più possibile problemi legali: girare solo di giorno, lasciare un biglietto sul cruscotto dell’auto con il recapito telefonico, accedere in maniera non violenta, cercare di non toccare nulla all’interno del posto.
Capita mai di dover forzare una porta per entrare da qualche parte?
Conosco persone che non scavalcherebbero nemmeno una staccionata e altre che entrano a ogni costo, anche danneggiando pesantemente portoni e finestre. In Ascosi Lasciti abbiamo sia l’urbexer timido sia quello molto avventuroso.
Tanti esploratori non forzano mai, preferiscono attendere che sia qualcun altro ad aprire, aspettando anche per anni, dopodiché si fiondano dentro. Lo trovo da ipocriti: nessun posto abbandonato sarebbe visitabile se non fosse prima passato qualcuno ad aprirlo.
Avete mai avuto incidenti? Molti edifici abbandonati sono pericolanti e voi entrate a vostro rischio e pericolo.
A Malta ho rischiato di precipitare per quasi quattro metri per il crollo di un pavimento in una villa. Ma i crolli non sono gli unici rischi: si possono incontrare persone poco socievoli che vivono all’interno, c’è il pericolo batteriologico dovuto soprattutto alla presenza di carcasse di piccioni morti, quello chimico causato da agenti tossici spesso presenti nelle aree industriali dismesse.
Ovviamente chi pratica l’urbex è consapevole dei rischi che corre e tenta di tutelarsi, per quanto possibile, utilizzando equipaggiamento e vestiti adatti.
Quanto è diffusa l’urbex in Italia?
Ormai anche qui da movimento di nicchia si sta tramutando in fenomeno di moda, il che ha sia lati positivi sia negativi. Molti giovani che si avvicinano a questo hobby spesso fanno i blogger o gli youtuber e danno molta importanza a loro stessi e poca al luogo che stanno visitando.
Però tutta questa attenzione serve anche a chi resta legato allo spirito di documentazione e di ricerca territoriale, perché contribuisce a sdoganare un hobby spesso malvisto.
Esiste un “turismo urbex”? Gli urbexer stranieri vengono in Italia a visitare luoghi abbandonati, ad esempio?
Certo, l’Italia è la Mecca dei luoghi abbandonati. Siamo ricchissimi di bellezze decadenti, principalmente ville nobiliari e strutture religiose come chiese e conventi. Arrivano tedeschi, belgi, inglesi e olandesi e battono soprattutto il nord Italia per una questione di vicinanza geografica. Anche se le nuove scoperte e i luoghi più ricercati si trovano al centro o al sud.
Credi che grazie al lavoro fotografico degli urbexer si possa arrivare un giorno a una mappatura dei luoghi fantasma?
Una mappatura completa è impossibile: i luoghi abbandonati sono molti di più di quello che si possa pensare. Ci sono varie categorie: il palazzo nobiliare (che è tra i luoghi più diffusi e ricercati), l’hotel, la discoteca, la chiesa, il convento, la fabbrica, le strutture commerciali come vecchi negozi, teatri, terme, aree militari, borghi fantasma.
Si potrebbe però iniziare a puntare l’attenzione del pubblico e degli enti pubblici sull’enorme patrimonio in disfacimento, rendendo i luoghi accessibili al pubblico.
Un esempio, anche se non proprio virtuoso, è quello dell’Ucraina: la città abbandonata di Prypiat, evacuata dopo l’incidente di Chernobyl, è diventata visitabile legalmente e accoglie oltre 20.000 visitatori ogni anno, in continua crescita. Anche a Berlino alcune strutture abbandonate sono gestite da associazioni che fanno manutenzione in cambio di visite a pagamento.
Esistono gruppi di urbexer che organizzano visite a luoghi abbandonati?
Sì, ad esempio il gruppo vicentino de I luoghi dell’abbandono. Hanno un folto programma di visite al manicomio di Volterra e ora stanno iniziando a lavorare anche su quello di Rovigo. Ma su questo punto ci sono molti problemi legati alla sicurezza delle strutture, alle difficoltà assicurative e alla volontà dei proprietari.
Fonte: Vice
L’ urbex é legale ? Ascosi lasciti cerca di chiarirlo in 10 punti
1) Lo Stato in cui si trova l’immobile.
E quando dico Stato, intendo proprio la Nazione. Ognuna con le sue lingue, le sue culture e soprattutto… le sue regole!
Esiste un’enorme differenza di conseguenze legali se la stessa azione viene svolta in Spagna o in Ucraina.
Aldilà delle leggi che vi possono tutelare/condannare, ricordiamo bene che in alcuni Stati, prima di uscire dal tribunale come vincitori con un calice di spumante in mano e le pubbliche scuse dell’accusa, rischiate di passare da un bel “servizio educativo” della polizia locale. Inutile appellarvi al quinto emendamento o alla legge 104.
Ricordiamo anche: non sempre negli Stati più monarchici avrete la detenzione assicurata e, in quelli più democratici, la certezza di farla franca.
Non avendo tempo nè risorse sufficienti per affrontare la questione di ogni singola Nazione, ci concentreremo a sviscerare il, già complesso, codice del Bel Paese.
2) Lo stato in cui versa l’immobile.
E quando dico stato, questa volta, intendo la condizione. Finestre rotte, muri crepati, tetti squarciati, muffa e vegetazione incontrollata, porte spalancate, sono tutti segni di chiaro abbandono che potrebbero tutelare l’esploratore.
L’attenuante di “immobile in chiaro stato di abbandono” non è da sottovalutare, per quanto non vi sia nulla di codificato. In un’alta percentuale dei casi può però assolvere l’esploratore da accuse di violazione di domicilio.
3) Accessi aperti.
Mancanza di recinzione, porte spalancate o inesistenti, grosse aperture nei muri perimetrali, insomma tutti i varchi aperti sono “amici dell’urbex”. Tutto cambia se per accedere a un luogo abbandonato, proverete ad aprire porte chiuse o scavalcare muri (la questione cambierebbe anche per ogni metro di altezza dei perimetri…), il che costituisce violazione di domicilio privato.
Crearsi entrate con forza o manomettendo recinzioni, è sufficiente invece perchè l’accusa diventi una frizzantissima “effrazione con scasso”.
4) Cartelli e avvertimenti.
Controllare l’eventuale presenza di cartelli di monito non sarebbe troppo sbagliato (proprietà privata o divieto di accesso). La loro assenza o illeggibilità (magari pioggia e vento hanno fatto arrugginire il ferro dell’affisso o marcire il legno del manifesto) potrebbero comportare buoni sgravi di responsabilità. Insomma, un’ulteriore attenuante, che male non fa’…
5) Strumenti che portate con voi.
Conosciamo tutti, o almeno immaginiamo, il rischio di entrare in un edificio abbandonato, potenzialmente abitato da malviventi.
Purtroppo no…non basta questo pretesto per portarsi un machete, nemmeno con l’altruistico fine di accettare l’incolto prato della magione.
Ma attenzione, anche con un bastone da trekking, o altri strumenti apparentemente innocui, potrebbero scattare l’aggravante di “arma bianca”. Nessuna arma da difesa, all’infuori del cavalletto o di un ramo trovato sul posto, si può….accettare!
6) Non toccare nulla.
Per chi non lo conoscesse, il comandamento dell’Urbex “prendi solo foto, lascia solo impronte” è un promemoria anche di tutela legale. I souvenir, fosse anche un sasso del muro di un manicomio abbandonato, non sono contemplati come legali.
Anzi, sarebbe meglio prendere solo foto (nel senso di scattarle, ovviamente, non di rubare gli album di famiglia sul comò impolverato) e non lasciare alcuna impronta. Come mai?
Udite-udite, per creare il giusto setting alle proprie foto, basta solo spostare gli oggetti e gli arredi, ed essere colti sul fatto, per una bella “accusa di tentato furto”.
7) Avvisi e permessi.
Torniamo al tema clou. Anche a costo di passare come noiosi genitori apprensivi, sconsigliamo sempre di esplorare questi posti. Se proprio doveste sentirne l’irrefrenabile impulso, avvisate le autorità competenti, nel caso di edifici comunali/statali, o i proprietari/guardiani per ottenere il permesso ad entrare.
Anche a costo di creare allarmismi. Oppure rivolgetevi ad alcune associazioni che operano tramite quest’ultimi. Diffidate dalle organizzazioni che si disinteressano della questione legale e vi fanno clandestinamente introdurre in pericolosi edifici abbandonati.
8) Non scappare e collaborare SEMPRE con le autorità.
Se avete seguito i consigli sopra citati, potete sentirvi tranquilli. Motivo per cui, mostratevi per quello che siete e avete fatto. E’ sempre buona norma collaborare enunciando le proprie intenzioni. Così facendo sarete fuori dai guai nel 90% dei casi.
9) Rispettare TUTTI gli 8 punti.
La somma delle probabilità di non passare guai seri, che viene fuori rispettando gli 8 punti, vi assolve al 99,9%, parlando dal punto di vista penale. Più complessa diviene la questione civile, che dipende maggiormente dalla volontà del proprietario di volervi eventualmente punire, denunciandovi.
10) Incertezza.
L’incertezza, purtroppo, rimane l’unica certezza. Tranquilli al 100% non lo sarete mai. Unico modo per sentirvi realmente tutelati è di ascoltare il consiglio enunciato al punto 7.
Odiate da molti, poiché danno in pasto alcuni luoghi abbandonati al grande pubblico, queste Associazioni (solo quelle che operano tramite mezzi legali) sono in realtà le uniche a tutelare i luoghi abbandonati in tre modi: si rivolgono ai proprietari ottenendo i permessi di visita; danno visibilità ad alcuni posti altrimenti destinati a marcire nell’indifferenza; scelgono come meta per i loro viaggi solitamente luoghi già devastati dal tempo e dai vandali, per non esporre al turismo di massa gli edifici ancora intatti, accelerandone il declino.
Cosa significa esplorare ?
Esplorare significa camminare, addentrarsi, scoprire, studiare, analizzare le condizioni e capire se valga la pena continuare o desistere.
Chiunque sia dedito all’urbex, se non autorizzato (e questo risulta molto complicato, in quanto difficilmente i proprietari di strutture fatiscenti e pericolanti concedono autorizzazioni, a loro discapito, per qualsivoglia motivo), può rendersi colpevole di un illecito penale per violazione di proprietà privata.
Vari sono i casi nei quali l’esploratore può commettere un’infrazione, anche senza rendersene conto: per esempio, quando durante un’esplorazione si oltrepassa un cancello aperto e si raggiunge un immobile che presenta caratteristiche residenziali (un castello, una villa, ….) ovvero uno sito industriale, turistico, commerciale o anche un cantiere edile, si può incorrere nel reato di violazione di domicilio se il luogo costituisce privata dimora (art.614 c.p.)
Per questo reato l’arresto in flagranza è facoltativo e si può finire agli arresti domiciliari o essere sottoposti ad altra misura cautelare personale solo se si usa violenza su cose (effrazione con scasso) o se si è armati.
La pena è della reclusione da sei mesi a tre anni, ma perché si possa essere perseguiti è necessario che la persona offesa, ovvero il titolare del luogo di privata dimora, presenti la querela entro tre mesi dai fatti o dalla conoscenza di essi.
La denuncia non sarà necessaria, invece, se il fatto è commesso con violenza sulle cose o alle persone, ovvero se il colpevole è palesemente armato, e in tal caso la pena è più rigorosa (reclusione da un minimo di un anno a un massimo di cinque).
E’ consigliato, dunque, accertarsi che il luogo da esplorare sia disabitato.
Se il consiglio viene seguito l’explorer non si renderà autore di una violazione di domicilio:
La giurisprudenza, infatti, adotta una nozione restrittiva di luogo di privata dimora, tale solo se ricorrono le seguenti condizioni (v. Corte di Cassazione a Sezioni Unite, sent. n. 31345 del 23 marzo 2017):
1) utilizzazione del luogo per lo svolgimento di manifestazioni della vita privata (riposo, svago, alimentazione, studio, attività professionale e di lavoro in genere), in modo riservato ed al riparo da intrusioni esterne;
2) durata apprezzabile del rapporto tra il luogo e la persona, in modo che tale rapporto sia caratterizzato da una certa stabilità e non da mera occasionalità;
3) non accessibilità del luogo, da parte di terzi, senza il consenso del titolare.
Nel caso dell’attività urbex, tipicamente volta a immortalare luoghi abbandonati, salvo i casi di erronee informazioni, difficilmente ci si imbatterà in siti che presentano le caratteristiche indicate dalla Cassazione. In ogni caso, occorre tenere presente che il discorso vale anche per le pertinenze (cantine, manufatti di servizio etc…) e che se il locale risulta chiuso a chiave e saltuariamente visitato e sorvegliato da chi ne abbia la disponibilità il reato è stato ritenuto configurabile (così Cass. 48528/11).
Fonte: ascosilasciti