IL CAMPO ELETTROMAGNETICO: COSA BISOGNA SAPERE

Tutti i giorni siamo circondati da campi elettrici ed elettromagnetici provenienti da fonti inquinanti come impianti elettrici e antenne. Ma cosa succede quando siamo vicini a queste fonti? Questa vicinanza comporta rischi per la nostra salute? E come influisce sull’ambiente?

INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO

Parliamo dell’inquinamento elettromagnetico, chiamato anche elettrosmog, che si riferisce alla produzione di campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici artificiali generati dalle tecnologie umane che interferiscono con il campo elettromagnetico naturale della Terra.

Se desideri affrontare gli effetti dannosi dell’inquinamento elettromagnetico, è consigliabile contattare un esperto del settore.

L’elettrosmog è causato da varie fonti, tra cui:

  • Linee elettriche per il trasporto di energia elettrica,
  • Segnali radiotelevisivi,
  • Impianti per la telefonia mobile,
  • Apparecchi biomedicali,
  • Impianti industriali,
  • Elettrodomestici e dispositivi alimentati elettricamente.

Questi campi sono generati da distribuzioni di carica elettrica che cambiano nel tempo e si propagano nello spazio sotto forma di onde elettromagnetiche, misurate in frequenza (Hertz), ovvero il numero di oscillazioni compiute in un secondo. Per esempio, 1 Hertz equivale a un’oscillazione al secondo.

Si distinguono due tipi di inquinamento elettromagnetico in base alla frequenza:

  • Generato da campi a bassa frequenza (0 Hz – 100 kHz),
  • Generato da campi ad alta frequenza (100 kHz – 300 GHz).

I campi a bassa frequenza includono quelli generati dagli elettrodotti, generalmente con frequenza di rete di 50Hz; mentre i campi ad alta frequenza includono quelli generati dai segnali radiotelevisivi e dagli impianti per la telefonia mobile.

Questa distinzione è essenziale perché aiuta a definire le caratteristiche dei campi vicino alle sorgenti a seconda della frequenza di emissione e, di conseguenza, anche le possibili interazioni tra campi elettromagnetici e organismi viventi, con potenziali impatti sulla salute.

Gli effetti rischiano di dipendere dalla frequenza e dall’intensità del campo (misurata in Tesla), dalla distanza dalla sorgente e dalla durata dell’esposizione. I campi elettromagnetici e le loro caratteristiche vengono misurati tramite dispositivi specializzati chiamati rilevatori di campi elettromagnetici.

GLI EFFETTI BIOLOGICI DELL’ELETTROSMOG

Nel 2001, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha condotto studi sugli eventuali rischi per la salute legati all’esposizione a campi elettromagnetici. I risultati sono stati classificati nella categoria 2B come possibili cancerogeni, evidenziando un’associazione statistica (non una diretta conseguenza) tra l’esposizione a campi elettromagnetici superiori a 0,4 microTesla nel periodo post-natale e un aumento del rischio di leucemie infantili. Per quanto riguarda l’uso dei telefoni cellulari e della telefonia mobile, non ci sono risultati certi sui rischi associati.

Pertanto, al momento attuale, non possiamo affermare con certezza l’esistenza di danni, ma solo di effetti biologici, che possono essere positivi o negativi. Un effetto biologico è semplicemente la risposta dell’organismo a uno stimolo, e quando è negativo, può causare danni reversibili o irreversibili.

EFFETTI BIOLOGICI DEI CAMPI ELETTROMAGNETICI A BASSA FREQUENZA E AD ALTA FREQUENZA

L’esposizione continua a campi elettromagnetici a bassa frequenza può generare correnti elettriche nel corpo umano, stimolando involontariamente alcuni organi come cuore, polmoni, pelle e occhi, causando disturbi visivi.

Uno degli effetti più evidenti è il riscaldamento, soprattutto in campi elettromagnetici compresi tra 400 MHz e 2000 MHz, che possono provocare riscaldamenti localizzati. Inoltre, per campi superiori a 300 MHz, si possono verificare effetti acustici simili a ronzii.

Nel 2004, l’ICNIRP (Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Non Ionizzanti) ha condotto uno studio sulla “Epidemiologia degli effetti sulla salute dell’esposizione alle radiofrequenze”. Gli studi cercavano di dimostrare:

  1. La possibile correlazione tra esposizione ai campi elettromagnetici e l’insorgenza di cancro, disturbi cardiovascolari, infertilità o cataratta.
  2. La possibile correlazione tra esposizione a segnali radiotelevisivi e l’insorgenza di leucemie infantili.
  3. La possibile correlazione tra l’uso dei cellulari e l’insorgenza di tumori al cervello.

Anche dopo l’aggiornamento del 2011, i risultati hanno mostrato che non esiste una correlazione dimostrabile e consistente tra l’esposizione a campi elettrici ed elettromagnetici e danni alla salute. Inoltre, l’ICNIRP ha respinto gli studi condotti nel 2001 dalla IARC, ritenendo il campione non sufficientemente rappresentativo.

In conclusione, attualmente è impossibile trarre deduzioni definitive sull’esposizione ai campi elettrici ed elettromagnetici e il loro impatto su processi tumorali, alterazioni del DNA e patologie varie. Nonostante numerose e autorevoli ricerche, i risultati non sono ancora attendibili, essendo troppo frammentari, inconsistenti o contraddittori.

LA TUTELA DELL’AMBIENTE

In Italia, il Ministero dell’Ambiente sta attuando la legge quadro n.36/2001, che prevede il censimento delle fonti di inquinamento e la creazione di registri specifici a livello nazionale e regionale. Questi registri includono anche le fonti di campi elettromagnetici e servono a supportare le attività di controllo e informazione della popolazione.

Attualmente, le Agenzie regionali per l’ambiente stanno svolgendo il processo di controllo e censimento con l’obiettivo di adottare tecnologie a impatto ridotto, rispettando l’aspetto urbano e paesaggistico e garantendo la sicurezza dei cittadini. Queste tecnologie cercano di trovare un equilibrio tra la diffusione delle fonti inquinanti e la protezione dell’ambiente circostante.

Inoltre, per affrontare il problema dell’elettrosmog, esistono Linee Guida per il risanamento di aree non conformi, ossia aree in cui si superano i limiti stabiliti dal D.M. 381/98 per l’esposizione ai campi elettromagnetici. In questi casi, vengono effettuati accertamenti e interventi mirati per ripristinare le condizioni entro i valori soglia, al di sotto dei quali non ci sono rischi per la salute e l’ambiente. Se limitare le emissioni elettromagnetiche vicino a una casa comporta una riduzione della ricezione dei segnali, il Ministero valuta attentamente ogni singolo caso.

COSA FARE IN CASA

Anche a casa nostra possiamo prendere precauzioni per ridurre l’inquinamento elettromagnetico. Ad esempio:

  1. Spegnere i cellulari durante la notte.
  2. Staccare le spine e i modem quando non li usiamo.
  3. Evitare di usare wifi e bluetooth contemporaneamente, se possibile.
  4. Spegnere completamente i televisori e i computer invece di lasciarli in stand by.
  5. Non dormire vicino a elettrodomestici o fonti inquinanti.
  6. Limitare l’uso del microonde.
  7. Posizionare le antenne di wifi, bluetooth e reti senza fili in zone meno frequentate della casa.
  8. Per telefonate lunghe con lo smartphone, usare gli auricolari.

LA SERIE TELEVISIVA BETTER CALL SAUL

Nella serie TV “Better Call Saul,” uno spin-off di “Breaking Bad,” il fratello del protagonista dichiara di soffrire di elettrosensibilità. Questo significa che avverte mal di testa, vertigini e sintomi di panico quando è esposto a campi elettromagnetici. Questa situazione ha gravi ripercussioni sulla sua vita quotidiana: vive in isolamento in una casa senza elettricità e quindi senza elettrodomestici.

Non può uscire e teme le frequenze magnetiche. Le persone che lo circondano devono togliersi orologi, telefoni cellulari e dispositivi elettronici prima di avvicinarsi a lui. Il personaggio di Charles McGill rappresenta chiaramente la difficile vita di chi deve evitare ogni contatto con apparecchi di uso comune.

Storie simili non sono solo raccontate nei film, ma ci sono numerosi casi reali documentati anche in programmi giornalistici televisivi. In un’intervista televisiva, una donna dice: “Sono allergica al mondo.” Trasmissioni famose raccontano le esperienze di persone che dichiarano di soffrire di elettrosensibilità, mostrando volti coperti da mascherine e persone costrette a interrompere la propria professione, dormire in condizioni precarie o cambiare completamente casa.

In Italia, nonostante l’aumento rapido dovuto alla diffusione delle nuove tecnologie e delle radiofrequenze, questa condizione non è ancora ufficialmente riconosciuta, colpendo attualmente circa il 4% della popolazione europea in modo grave.

L’OMS COSA NE PENSA

L’elettrosensibilità, conosciuta anche come elettroipersensibilità, al momento non è considerata una malattia dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dalla comunità scientifica. Non ci sono prove scientifiche che dimostrino chiaramente una relazione causa-effetto tra i sintomi riportati e l’esposizione ai campi elettromagnetici.

Le persone che dichiarano di essere affette da elettrosensibilità hanno livelli di risposta diversi; alcuni ne sono fortemente colpiti, rendendo difficile la loro vita quotidiana. Circa il 5% di loro risulta in malattia lavorativa, in pensione anticipata o riceve reddito di invalidità. L’impatto dell’elettrosensibilità è significativo, causando disagi fisici, psicologici e sociali.

I sintomi più comuni riportati riguardano mal di testa, disturbi del sonno, debolezza fisica, problemi di memoria e attenzione, dolori diffusi, eruzioni cutanee, difficoltà uditive e visive, problemi di equilibrio e sbalzi di pressione. Coloro che si definiscono colpiti da elettrosensibilità lamentano anche alterazioni dell’umore, depressione, aggressività, apatia e stati di ansia e inquietudine.

L’elettrosensibilità è un argomento controverso. Nonostante la gravità dei sintomi riportati, non esistono prove scientifiche che dimostrino chiaramente una connessione tra la presenza di campi elettromagnetici e l’elettrosensibilità. Alcuni ritengono che sia una patologia di natura psicosomatica, come sostenuto dall’OMS. Inoltre, ci sono studi che indicano che le persone affette da elettrosensibilità non riescono a distinguere la presenza di un campo elettromagnetico da ciò che credono sia un campo.

Le differenze tra le persone elettrosensibili e la popolazione generale sembrano essere limitate, poiché l’esposizione alle frequenze non sembra avere effetti significativi sui parametri del Sistema Nervoso Autonomo.

L’OMS ha rilevato che i sintomi riportati non sono correlati ai campi elettromagnetici, ma a condizioni psichiatriche preesistenti, stress o paura dei campi stessi.

L’elettrosensibilità non è ancora stata scientificamente accertata, e pertanto, non esiste un trattamento efficace. Alcune terapie farmacologiche risultano inefficaci. Alcuni individui potrebbero percepire sintomi a seguito di esposizione a campi elettromagnetici, ma l’effetto potrebbe essere attribuito all’effetto nocebo, in cui la convinzione di essere esposti causa reazioni fisiche.

In conclusione, non ci sono cure definitive al momento e l’orientamento sembra essere quello di considerare l’elettrosensibilità come una malattia ambientale. Mancano interventi coordinati nel Servizio Sanitario pubblico specifici per chi soffre di elettrosensibilità, e coloro che ne soffrono spesso si sentono non compresi e accettati dalla società.

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